Illustri & Benemeriti
Antonio Cossu (1927-2003)
Nato a Santu Lussurgiu (Oristano) nel febbraio del 1927 e morto a Santu Lussurgiu il 2 luglio 2003. Laureato in Lettere all'Università Statale di Milano, con una tesi su Gabriel Mirò.
Gli anni milanesi furono importantissimi per la sua formazione culturale, sociale ed umana: scrisse recensioni di mostre su vari fogli, in particolare su "E chi non sa, su' danno", da cui prese l'avvio "La Rassegna", rivista letteraria di alto livello, per la quale più volte collaborò incitato dal professor Giannessi. Oltre alle recensioni, scrisse poesie (poi raccolte in I monti dicono di restare) e i primi racconti, A passo di carro e di cavallo e Il Vento. Dopo aver insegnato per alcuni mesi, iniziò a lavorare ad Ivrea e a Torino presso il Movimento Comunità di Adriano Olivetti.
Le striminzite note bio-bibliografiche che seguono, figuravano in una locandina ciclostilata predisposta nel 1998 dalla Biblioteca comunale "Grazia Deledda" di Santu Lussurgiu e dal Comitato cittadino, appositamente costituito, per ricordare Giovanni Corona e la sua poesia , nel primo anniversario della sua scomparsa.
Da allora è stato un susseguirsi di eventi, iniziative editoriali e occasioni d'incontro per appronfondire la figura e la poetica di Giovanni Corona; l'ultima delle quali è stata l'intitolazione delle Scalette Giovanni Corona, decisa dal Comune di Santu Lussurgiu con delibera n. 33 del 22.04.2015 perché: "... Protagonista della recente storia poetica e letteraria della Sardegna, ha incarnato le vesti del “vate” perfettamente integrato nella società, uomo comune e fuori dal comune, maestro di vita ed esempio di rettitudine, amico e compagno di generazioni di giovani. Perché le generazioni future apprezzino e conoscano la sua poetica e perché il suo ricordo resti nella memoria della comunità".
NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Giovanni Corona è nato a Santu Lussurgiu nella provincia di Oistano il 7 dicembre 1914. Insegnante elementare, si è sempre dedicato alla poesia prediligendo quella in lingua italiana. Ha pubblicato il volurne di poesie Ho sentito la voce del vento, con prefazioni di Antonio Cossu e Mario Ciusa Romagna, per le Edizioni "Il Convegno", Cagliari, 1966.
Alcune sue liriche sono incluse in varie antologie, tra le quali Poeti italiani del secondo dopoguerra, Vol. Il, con prefazione di Giorgio Kaisserlian, Editore Guido Miano, Milano, 1958, La poesia contemporanea, con prefazione di Bruno Maier e nota critica di Claudio Toscani, Editore Guido Miano, Milano, 1982 e Poeti della Sardegna, a cura di Raimondo Manelli , Edizioni Forum/Quinta Generazioni, Forlì, 1985.
E' prevista la pubblicazione di tutte le poesie di Giovanni Corona. Poesie di Giovanni Corona sono apparse su "La grotta della vipera" ,"La Nuova Sardegna", "Il poplo sardo" e altre riviste e giornali.
Si sono occupati di lui : Filippo Tommaso Marinetti, Arnaldo Beccaria, Mario Ciusa Romagna, Nicola Valle, Antonio Cossu, Giorgio KaisserIian, Claudio Toscani, Emidio De Felice, Nicola Tanda, Antonio Romagnino, Mario Apollonio, Giuseppe Pau, Renzo Cau, Salvatore Tola, Francesco Porcu e, più recentemente, Simona Cigliana che ha curato il bel volume Giovanni Corona scrittore e maestro. Nuovi studi sul poeta di Santu Lussurgiu (1914 - 1987), Carocci editore, Roma 2020.
Giovanni Corona è scomparso il 12 dicembre 1987.
(u.g.)
Già dalla prima metà del secolo scorso si avvertiva l'esigenza di dare memoria storica a cittadini lussurgesi benemeriti per opere e ingegno e fornire un quadro il più possibile aggiornato delle peculiarità storiche e ambientali del Montiferru e di Santu Lussurgiu e San Leonardo.
Tale necessità si è fatta negli ultimi anni più pressante, soprattutto per l'interesse che gli studi sul territorio suscitano nelle giovani generazioni.
E' un "preciso dovere" - è stato detto da più parti - curare la pubblicazione di un volume che colmi una simile lacuna e consenta agli interessati l'accesso diretto a documenti e notizie attendibili, finora sparsi in una moltitudine di pubblicazioni o tra le carte di privati cittadini. Tutto ciò anche per evitare, la pratica sconsiderata di diffondere ricostruzioni e soluzioni che solo raramente sono sottoposte al vaglio delle fonti, dirette o indirette che siano.
Questo lavoro è stato fatto attraverso una poderosa opera in due volumi, pubblicata dall'Amministrazione comunale dal titolo Santu Lussurgiu. Dalle origini alla "Grande Guerra", a c ura di Giampaolo Mele, Grafiche Editoriali Solinas, Nuoro 2005.
L'opera è importante perché soddisfa almeno in parte l' esigenza di fornire informazioni, riferire valutazioni, offrire un quadro organico e cronologico, anche se parziale, degli avvenimenti e dei personaggi storici di Santu Lussurgiu e San Leonardo di Sette Fontane, delle peculiarità storiche e ambientali, che potranno stimolare la ricerca e sollecitare ulteriori approfondimenti.
BRUNENGO. Famiglia d'origine ligure passata in Sardegna nel XVI secolo. I Brunengo esercitarono con successo la mercatura imparentandosi con i Rocamrtì il che agevolò la loro ascesa sociale. Acquistarono i feudi di Sietefuentes, Cuglieri e Montiferru, entrando a far parte del Braccio Militare. Nel 1712 ebbero i feudi elevati a contea sotto il titolo di conti di Monteleone. La famiglia Brunengo si estinse nel 1787 e la contea di Monteleone passò ai Nin. I dati in nostro possesso copnsentono la costruzione di una genealogia a 6 generazioni.
PRIMA GENERAZIONE.
Appartenne alla prima generazione Aurelio Brunengo, mercante che sposò Anna Cugia y de Andrada, figlia di Gaspare Cugia e di Teresa de Andrada morta a Cagliari il 22 maggio 16371 . Don Aurelio Brunengo morì a Cagliari il 26 novembre 1667, ebbe ufficio pontificale e fu sepolto in Santa Croce. I suoi figli appartennero alla seconda generazione.
SECONDA GENERAZIONE
Alla seconda generazione appartennero i figli di Aurelio Brunengo e Anna Cugia.
Giovanni Battista Brunengo y Cugia, religioso, eletto vescovo di Ales da papa Alessandro VII il 13 agosto 1663. Nel 1669, coinvolto nell'affare Camarassa, fu invitato a Corte e spedito a Toledo, ove rimase in attesa di essere chiamato a giustificarsi sino al 1680, anno in cui morì.
Stefano Brunengo y Cugia, figlio primogenito di Aurelio, ebbe il cavalierato ereditario nel 1651. Nel 1655 acquistò la tonnara di Portopaglia. L’8 luglio 1638 sposò Caterina de Rocamartì, dei conti di Monteleone, nubile naturale di Alghero.La cerimonia, ufficiata da Monsignor Pietro Vico, allora vescovo coadiutore di Oristano, ebbe per testimoni don Diego de Aragall, Governatore del Capo di Cagliari e di Gallura, e don Paolo de Castelvì, marchese di Cea. Donna Caterina Brunengo y Rocamartì morì a Cagliari l’8 aprile 1644 e fu sepolta nella Chiesa di Gesù. Il 26 febbraio 1645 Stefano Brunengo si risposò con donna Maria Guerau y Coni, figlia di Salvatore Garau e di Maria Coni, già vedova due volte. Le nozze, celebrate dal canonico Giacomo Capay, decano di Ales, ebbero per testimoni don Antioco Santus e Francesca Carniçer. Don Stefano Brunengo morì il 12 agosto 1664. Il domer annota che non ricevette sacramenti né fece testamento il che può significare che morì d’improvviso. Ebbe ufficio canonicale e fu sepolto nella chiesa di Santa Croce. I suoi figli appartennero alla terza generazione.
Clara Brunengo y Cugia, nata a Sassari, sposò a Cagliari il 20 gennaio 1638 Salvatore Açori, naturale di Sassari il quale dovette morire quasi subito giacché Clara Brunengo si risposò il 5 settembre 1638 con Antioco Santus, celibe di Cagliari. Rimasta vedova per la seconda volta, Clara Brunengo sposò a Cagliari il 14 giugno 1654 Francesco Cao, naturale di Stampace, già vedovo tre volte, figlio di Francesco Cao e Maddalena Gambatzu. Donna Clara Brunengo morì a Cagliari il 10 settembre 1656 e fu sepolta in duomo.
Domenico Brunengo y Cugia, nato a Sassari, fu Giudice della Reale Udienza. Il 6 marzo 1639 sposò nel duomo di Cagliari, donna Olimpia Barbaran, figlia di don Adriano Barbaran e donna Isabella Ledda, vedova di Michele Perez morto nel 1637.Celebròle nozze il canonico Domenico Martì davanti ai testimoni don Alonso Gualbes, marchese di Palmas e don Antonio Basteliga. Donna Olimpia Barbaran y Brunengo morì il 30 novembre 1663, ebbe ufficio canonicale e fu sepolta nella chiesa di Santa Croce. Don Domenico Brunengo la raggiunse nella stessa chiesa, con ufficio pontificale, il 12 agosto 1679. Non ebbe discendenza.
Angela Brunengo y Cugia, nata a Sassari, il 27 marzo 1639 sposò don Gaspare Barbaran y Zapata, già vedovo due volte2 , figlio di Antioco Barbaran e di donna Zapata. Celebrò le nozze il canonico Antoni Quença con testimoni don Francesco Ascorrà e don Giuseppe de la Mata.Donna Angela Brunengo y Barbaran morì a Cagliari il 20 giugno 1645, fu sepolta in duomo
TERZA GENERAZIONE
Alla terza generazione appartennero i figli di Stefano Brunengo
Aurelio Domenico Brunengo y de Rocamartì fu battezzato in duomo il 26 dicembre 1641 dal canonico Domenico Martì e padrini don Domenico Brunengo e donna Caterina Carcassona. Morì a Cagliari il 26 marzo 1667, ebbe ufficio pontificale e fu sepolto nella chiesa di Santa Croce.3
Francesco Giovanni Brunengo y de Rocamartì, nato a Cagliari il 27 dicembre 1642 e battezzato in duomo il 1° gennaio 1643 dai padrini don Giorgio Carcassona, canonico, e donna Olimpia Barbaran y Brunengo. Fu Uditore del Real Consiglio, barone di Cuglieri e Signore di Sietefuentes per acquisto il 14 gennaio 1670.(4) Nella stessa data Francesco Brunengo acquistò la baronia di Montiferro confiscato a donna Francesca Zatrillas5 .
L’8 febbraio 1665 sposò donna Anna Bonfant, nubile, figlia di don Michele Bonfant e donna Giovanna Maria de la Bronda. Alla cerimonia, ufficiata dal canonico Diego Cugia, fecero da testimoni don Giovanni de la Matta e don Antioco Carcassona. Rimasto vedovo don Francesco Brunengo si risposò con Rosa Sampero y Cugia. Morì nel 1734.
Anna Maria Brunengo y de Rocamartì, nata a Cagliari e battezzata in duomo l’8 marzo 1644 dal dottor Antioco Santus e da donna Elena Carcassona. Il 22 luglio 1657, all’età di 13 anni, sposò don Francesco Simò Ledda, figlio di don Francesco Simo Ledda (o Ledà) e di donna Antonia de Sena. La cerimonia, ufficiata da Monsignor Pietro Vico, arcivescovo di Oristano, ebbe per testimoni don Eusebio Carcassona e don Francesco Cao.
Stefano Calogero Brunengo, figlio naturale di Stefano Brunengo e di madre ignota, fu battezzato nella chiesa di sant’Eulalia, de La Marina,l’11 novembre 1644.I suoi figli appartennero alla quarta enerazione
QUARTA GENERAZIONE
Alla quarta generazione appartennero
A) i figli di Francesco Brunengo
Elena Francesca Brunengo y Bonfant, battezzata in duomo il 1° gennaio 1666 dal canonico Diego Cugia e padrini don Aurelio Brunengo e donna Cecilia Cugia y Portugues. Morì il 12 luglio 1667.
Maria Caterina Brunengo y Bonfant, battezzata in duomo l’8 novembre 1667 dal reverendo Giorgio Carcassona e padrini don Agostino Bonfant e donna Baldassara Bonfant. La cerimonia fu ufficiata da don Giorgio Carcassona, canonico del duomo. Sposò Gabriele Antonio Aymerich y Zatrillas, 4° conte di Villamar..
Giovanna Maria Brunengo y Bonfant, battezzata in duomo il 4 luglio 1669 dal canonico Michele Cugia e padrini don Felice Masons, 2° conte di Montalvo, e donna Elena Masons y Manca, sua moglie. Sposò don Pedro Manuel de Çervellon, 10° barone di Samatzay.
Clara Baldassara Brunengo y Bonfant battezzata in duomo il 4 agosto 1670 dal reverendo Geroni Cugia, Rettore di Guspini, e padrini don Michele Cugia, canonico del duomo, e da sua madre donna Maruia Cugia y Sambiagio. Sposò Francesco Salaris. Clara Salaris y Brunengo morì il 2 ottobre 1696 e fu sepolta in duomo.
Anna Maria ( Marianna?)Brunengo y Bonfant battezzata in duomo il 10 aprile 1672 dal canonico don Luis Bonfant, avendo per padrini don Agostino Carcassona e donna Clara Cugia. Sposò il 2 giugno 1697 don Giovanni Maria Sahone, di Iglesias, figlio di don Giovanni Francesco Sahone e di donna Maria Sahone y Judice.
Dorotea Maria Brunengo y Bonfant, battezzata il 14 dicembre 1675 dal reverendo Rettore Piquer con padrini Juan Battista Carniçer e donna Angela Brunengo. Fu sepolta in duomo il 5 agosto 1676.
Domenico Giovanni Battista Brunengo y Bonfant, battezzato il 17 gennaio 1677 dal canonico Geroni Delitala con padrini don Francesco Vico y Zonza e donna Maria Giuseppa Lasada. Fu fatto cavaliere di Calatrava nel 1704. Nel 1712, estinto il casato dei Rocamartì, ottenne per acquisto il feudo di Monteleone, divenendone 4° conte. Sposò in prime nozze il 16 giugno 1694 Maria Monserrata Baccalar y Cataneo, figlia di don Vincenzo Baccallar e di donna Juana Baccallar y Cataneo, e in seconde nozze il 25 maggio 1713 Angela Cavassa Rabicano.
Lucrezia Brunengo y Sampero, figlia di secondo letto, sposò Antonio Lavelli, conte del Lago.
Gavino Brunengo y Sampero sposò Anna Maria Mega (o megga) naturale di Corsica. Morì a Cagliari il 13 settembre 1723.
B) figlio di Stefano Brunengo, figlio naturale
Eusebio Brunengo, dottore, residente nelle Appendici de La Marina, sposò Antonia Fulgheri. Morì a Cagliari il 10 agosto 1722, l’ufficio fu celebrato nella chiesa di sant’Eulalia.I loro figli appartennero alla quinta generazione.
QUINTA GENERAZIONE
Alla quinta generazione appartennero
A) i figli di Domenico Brunengo y Bonfant
Giuseppe Giovanni Brunengo y Baccallar, battezzato il 18 gennaio 1696 dai padrini don Geroni Pitzolo e Exina Delogu, levatrice. Morì il 19 gennaio 1696.
Francesco Brunengo y Pilo, nel 1756 divenne 5° conte di Monteleone. Nel 1779 era Capitano di fanteria. Sposò Maria Deliperi, ma non ebbe figli. Morì nel 1787.
Francesca Brunengo y Pilo, moglie di Giovanni Amat e, in seconde nozze, di Francesco Carcassona. Sua figlia, che appartenne alla sesta generazione, portò la contea di Monteleone in casa Nin.
B) i figli del dottor Eusebio Brunengo e di Antonia Fulgheri
Demetrio Brunengo y Fulgheri, battezzato in sant’Eulalia il 22 novembre 1686
Ignazio Diego Brunengo yu Fulgheri, battezzato in Sant’Eulalia il 10 febbraio 1688
Giovanna Maria Brunengo y Fulgheri, battezzata in Sant’Eulalia il 28 ottobre 1689
Maria Antonia Brunengo y Fulgheri, battezzata in Sant’Eulalia il 9 novembre 1692.
SESTA GENERAZIONE
Alla sesta generazione appartenne
Giovanna Carcassona y Brunengo, figlia di Francesca Brunengo e di Francesco Carcassona, erede dello zio Francesco Brunengo, fu l’ultima contessa di Monteleone di questa casata. Sposò Francesco Giuseppe Nin, figlio di Francesco Nin e di Gerolama Sanjust. Il loro figlio, Tomaso Nin y Carcassona, nel 1768 ereditò dalla madre la contea di Monteleone, divenendone il 7° conte.
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1 Teresa de Andrada era figlia di don Giovanni de Andrada, Giudice della Reale Udienza.
2 Le altre mogli di Gaspare barbaran furono Caterina de Castelvì y Sanjust e Paola masons y Corella.
3 E.Tola dice che il 28 marzo 1663 sposò a Sassari donna Maria Tola dell’Arca.
4 La baronia di Cuglieri fu venduta a Francesco Genovés, marchese della Guardia, il 28 sette,btre 1706.
5 Il Montiferro e la signoria di Sietefuentes il 12 agosto 1709 passarono a Gabriele Aymerich, reintegrato nei feudi.
http://www.araldicasardegna.org/genealogie/dizionario_onomastico_familiare/brunengo.pdf
BARRACU FRANCESCO MARIA CAPITANO S.P.E. DI FANTERIA, figlio di fu Antonio Maria e di Maria Paola Motzo, nato a Santu Lussurgiu il 1 -11-1895, deceduto a Dongo il 28-4-1945.
Educato fin da bambino all'amore ed al culto della Patria, non ancora terminati gli studi superiori, nel 1914 parte volontario per la Cirenaica distinguendosi per ardore e coraggio in vari fatti d'arme, tanto da essere promosso Caporale Maggiore e Sergente e proposto per la medaglia d'argento al valor militare.
Allievo Ufficiale nel 1917, Aspirante nel 1918 viene assegnato al 13° Eritreo e prende parte, con la colonna Mazzotti, alle operazioni in Tripolitania, facendo rifulgere ovunque il suo personale valore.
Nel 1920, nominato S. Tenente in S.P.E. per merito di guerra, viene assegnato al 48° Rgt. Fanteria e prende parte alla spedizione di Corfù.
Ma la nostalgia dell'Africa era troppo forte, e dopo varie insistenze e domande, ottiene di ritornare in quella terra e col grado di Tenente partecipa a tutte le operazioni per la conquista integrale della Colonia, distinguendosi ovunque per slancio, abnegazione e coraggio in numerosi e sanguinosi scontri contro i ribelli, venendo proposto per altra ricompensa al valore.
Nel giugno del 1926, al comando di una banda irregolare, partecipa con ardimento alle operazioni del Gebel, ove ancora una volta rifulge l'ardore e la perizia di comandante; specialmente negli scontri alle porte di Cirene, tanto da meritarsi un elogio dal Governatore Teruzzi ed un'altra proposta di ricompensa al valor militare.
Trasferito a domanda nei Regio Corpo Truppe Coloniali della Somalia sbarca a Massaua il 27-1-1935 destinato al IV Gruppo Bande. Dall'inizio delle ostilità partecipa col reparto a vari fatti d'arme apportando ovunque il suo entusiasmo, perizia e coraggio tanto da meritarsi una Medaglia d'argento ai valor militare (R.D.14 - 8 -1936) con la seguente motivazione:
«Comandante di un sottogruppo Dubat impiegato in esplorazione sul fronte del reggimento d'avanguardia, dava continuo esempio di sprezzo del pericolo.
Attaccato sul fianco durante la marcia sul Bircut da un gruppo di duecento abissini li respingeva con azione di movimento e fuoco coordinando l'impiego di un plotone di carri d'assalto.
Contrattaccato in forze manteneva la posizione consentendo l'avanzata indisturbata della testa d'avanguardia.
Distintosi anche nei combattimenti di Gianagobò e di Bircut ove rimaneva leggermente ferito ».
(Bircut, 18 aprile 1936).
Promosso Capitano nel dicembre del 1936, gli viene affidato il comando del V Sottogruppo autonomo Bande Dubat che prende il nome di «Banda Barracu».
Il prestigio personale, il coraggio, unito ad una competenza di comando e conoscenza di terreno, gli permette di forgiare il proprio reparto in una fucina d'uomini devoti alla Patria e pronti per Essa a tutto osare, partecipando con ardimento e vittoriosamente a vari combattimenti. Più volte ferito, anche gravemente, non vuole abbandonare mai i suoi eroici e fedeli Dubat.
Con R. D. 28-10-1938, gli viene concessa la Medaglia di bronzo al valor militare perché:
«Comandante di un sottoguppo Dubat in esplorazione sulla fronte di una colonna operante, con perizia e ardimento, condusse i suoi uomini all’attacco di una forte posizione occupata da numerosi ribelli, conquistandola rapidamente. Contrattaccato da forze numericamente superiori, malgrado le gravi perdite e la deficienza di munizioni, resistette tenacemente, fino all'arrivo del battaglione d'avanguardia, animando i suoi uomini con l'esempio».
(Uara Combo, 3 marzo 1937).
Rimpatriato, nel 1938 viene collocato in aspettativa in conseguenza della mutilazione riportata in combattimento.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, rinunciando all'esonero chiede ed ottiene di essere inviato in Africa Settentrionale. Destinato al 10° Corpo d'Armata, partecipa valorosamente a varie azioni di guerra.
Per le sue eccezionali doti di coraggio e di organizzatore, viene chiamato a ricoprire l'importante incarico di Federale di Bengasi, ed anche in questa delicata e grande responsabilità politica, in un momento difficile, si adopera con entusiasmo, fede ed eroico comportamento di combattente a coordinare i servizi necessari per la protezione e la sicurezza dei civili, accorrendo ove maggiore era il pericolo e la necessità della sua presenza.
Due ricompense al valor militare premiano la sua instancabile attività e il suo eroico comportamento:
Medaglia d'argento (R. D. 19-2-1942):
«Ardito e valoroso ufficiale, medaglia d'oro al valor militare per la conquista dell'Impero, chiedeva ed otteneva di partecipare volontariamente all'attuale campagna, rinunciando all'inabilità derivante dalla mutilazione.
Calmo, sereno, pieno d'entusiasmo, fu sempre il primo in ogni rischiosa azione.
Quale Federale di Bengasi, nel corso di numerose azioni di bombardamento e mitragliamento effettuato dal nemico sprezzante dell'offesa avversaria, accorreva per primo sui luoghi maggiormente colpiti per prodigare la sua efficace azione di soccorso e conforto, riuscendo col suo imperturbabile contegno ad infondere in tutti serena fiducia e incitamento alla resistenza.
Fulgido esempio di alte virtù militari, di elevato spirito di abnegazione e di sereno sprezzo del pericolo ».
(A. S., settembre,1940).
Medaglia di Bronzo (R. D. 18-3-1943):
«Medaglia d'oro dell'A.O.I., Federa!e di Bengasi, continuamente esposto all'offesa del nemico, portava alle truppe la sua elevata parola di fede.
Durante la critica fase di ripiegamento, si adoperava incessantemente all'assistenza dei civili, contribuendo validamente all'ordinato deflusso dei profughi.
Esempio di dedizione alla Patria, di sacrificio e sprezzo del pericolo».
(Fronte della Marmarica, 19 novembre 20 dicembre 1941).
Rimpatriato ebbe a svolgere incarichi politici e di governo nella Repubblica Sociale Italiana.
Per l'eroico suo comportamento nella battaglia dell'Ogaden, gli viene concessa con R. D. 24-4-1939 la Medaglia d'oro al valor militare con la seguente eloquentissima motivazione:
«Espressione purissima del forte popolo sardo, superba figura di combattente e di valore leggendario, che non misura il pericolo ed il rischio se non per meglio affrontarli, che ha al suo attivo una lunga serie di azioni belliche ardimentose, condotte e risolte sempre brillantemente.
Durante la campagna italo-etiopica, assunto il comando di un reparto Dubat, ha saputo avvincere i suoi uomini alla sua volontà eroica e guidarli, di vittoria in vittoria, in numerosi durissimi combattimenti.
Incaricato di effettuare un'ardita azione punitiva contro una cabila Ogaden, che faceva causa comune con gli abissini, coi soli 300 suoi Dubat svolgeva un'operazione genialmente concepita ed audacemente condotta, che liberava il fianco sinistro delle nostre truppe del settore Ogaden, da una seria minaccia e fruttava il copioso bottino di un migliaio di fucili, 2500 cammelli e 1500 bovini.
Durante la battaglia dell'Ogaden, col suo reparto di invincibili Dubat, confermava le sue elette doti di comandante e di valore personale e, per quanto ferito alla gola, rimaneva al suo posto d'onore contribuendo efficacemente al successo delle operazioni.
Nella dura giornata di Uara Combo (3 marzo 1937) rimaneva gravemente ferito all'occhio sinistro, e benché conscio che il trascurare la ferita avrebbe potuto significare, come avvenne, la perdita dell'occhio stesso, rifiutava di farsi ricoverare all'ospedale e rimaneva col suo reparto fino ad operazioni ultimate. Al suo comandante che lo invitava a recarsi all'ospedale, rispondeva fra l'altro: "Sò di avere perduto un occhio. Non importa. Sono pronto ancora a ricominciare".
Il suo eroismo è stato spesso apprezzato ed ammirato dal nemico».
(Ogaden - Hararino - Bale, ottobre 1935 - Marzo 1937).
Trekking & Vacanze
Per delimitare e far conoscere questa straordinaria parte di Sardegna, abbiamo tracciato un cerchio ideale, fissando il compasso a Santu Lussurgiu e, calcolando un raggio di circa 50 km, abbiamo circoscritto le regioni storiche confinanti del Barigadu e del Guilcier ad Oriente, quelle del Marghine e della Planargia a settentrione, per scendere lungo la costa occidentale e abbracciare il Montiferru, la penisola del Sinis e dell’alto Campidano che chiudono a sud il cerchio straordinario tracciato.
ArcheoSardegna
Nell'Isola, l'Archeoclub d'Italia onlus approda il 27 ottobre 2015 con la costituzione della Sede locale di Santu Lussurgiu da parte di un gruppo di appassionati di archeoloigia e di tematiche legate all'ambiente e alla cultura del territorio. Se si considera però il ricchissimo paptrimonio archeologico e ambientale della Sardegna, per la verità, sarebbero necessari Archeoclub in ciascun Comune.
Ciò non solo per salvare il salvabile della più antica Civiltà d'Italia, ma anche perché ...
CELEBRAZIONI SISTINE IN SARDEGNA OMAGGIO A SISTO V
Nell’ambito delle Celebrazioni nazionali per il V Centenario della nascita di Felice Peretti Montalto divenuto Papa nel 1585 col nome Sisto V, la Bocca del Vulcano e l’Archeoclub d’Italia APS di Santu Lussurgiu sono lieti di comunicare l’apertura della Mostra d’arte ”Omaggio a Sisto V” di Luciano Capriotti (in arte CAPRI OTTI) e di Francesco Angelo Pintus (in arte FRANZ).
Celebrazioni del V Centenario della nascitadi Papa Sisto V (1521–2021)
Il prossimo anno sarà importante per l’Archeoclub d’Italia onlus. Il 13 Dicembre 2021 infatti, con le proprie sedi attive sul territorio nazionale, prenderanno il via le Celebrazioni per il V Centenario della nascita di fra Felice Peretti Montalto (1521 – 1590) divenuto papa nel 1585 col nome di Sisto V. L’evento si rivelerà particolarmente significativo dal punto di vista culturale, perché sarà possibile restituire memoria storica anche alla famiglia del grande pontefice per conoscerne le vicende straordinarie in un contesto celebrativo unico. La famiglia Peretti, originaria di Montalto da diverse generazioni
Mons. Giovanni Sanna Porcu promotore di cultura, redentore di schiavi e vescovo
La difesa delle coste italiane ed europee dall’espansionismo turco e l'opera di redenzione degli schiavi furono alcune delle priorità a cui Sisto V dovette far fronte nell'immediatezza della sua acclamazione al soglio pontificio (24 aprile 1585).
Si trattava di una piaga antica ereditata in toto dai suoi predecessori e la sua urgente drammaticità spinse il nuovo Pontefice ad intervenire. Lo fece con la consueta determinazione, prudenza, ampiezza di mezzi finanziari e lungimiranza per risolvere alla radice il problema.