Famoso capo dei sardi pelliti (1), rinomato nella storia per il suo odio contro i romani e per il suo coraggio.
Abbenchè Livio, inteso solamente a raccontare i grandi fatti della Repubblica Romana, abbia parlato appena delle azioni di Amsicora, pure dal poco che ne lasciò scritto appare che il suo amore per la libertà, e gli sforzi da lui fatti per ridonarla alla sua patria, gli meritarono giustamente il nome di eroe.
Amsicora, feroce per indole, fatto più feroce dalla vita selvaggia negli aspri monti e nelle inacesse foreste, è insofferente del giogo e della superbia romana. Un’occasione egli aspetta di scuoter l’uno e di abbassar l’altra; e questa gli si appresenta.
Era l’anno 557 di Roma: la repubblica grondava ancora di sangue per le ferite di Canne. Poche soldatesche in Sardegna stanziavano: A. Cornelio Mammula pretore dell’Isola a Q. Muzio Scevola, imperito delle sarde cose, cedeva il comando; inacerbiti erano gli animi dei sardi dal tirannico e lungo dominio, dalla gravezza dei tributi.
Il momento di rompere le detestate catene era giunto; mancava soltanto chi lo accennasse. Amsicora grida il nome di libertà, e gl’indomiti pelliti Sardi il nome di libertà ripetono ferocemente.
Cartagine, sollecitata dai messi della Sardegna, ascolta con gioia i primi moti della ribellione, e Asdrubale invia supremo duce di poderosa flotta per aitare d’arme e di armati i prodi pelliti.
Ma fortuna di mare spinge alle isole Baleari le amiche navi, nè ancora vedono i sardi lidi, che Q. Manlio Torquato arriva a Cagliari, e unisce le sue alle genti di Q. Muzio.
Ventiduemila fanti, mille dugento cavalli sono l’esercito romano. Gli sta incontro l’oste sarda comandata da Josto figliuolo di Amsicora. Ardimentoso per gioventù, impaziente di ritardi, Josto non rammenta più i consigli paterni, nè aspetta che Amsicora ritorni con altre genti a rinforzare il campo.
Offre la battaglia e cimenta le sorti: ma sconfitto dai romani, lascia sull’insanguinato terreno tremila uccisi e ottocento prigioni, e si ritira col rimanente dell’esercito alla città di Cornus2.
Arriva intanto la flotta cartaginese, e Amsicora unisce all’esercito alleato le sue genti. Altra lotta si apparecchia più memorabile e più crudele. Il prode pellita spinge audacemente contro Manlio tutto il nerbo dee sue truppe: il console romano gli va incontro, e li due eserciti si affrontano insieme. Memoria delle antiche vittorie, disciplina, coraggio anima le romane schiere: odio, vendetta, amore di libertà infiamma i Sardi alla pugna.
Per quattr’ore si combatte con vario evento, pende per quattr’ore incerta la vittoria. Prevalse finalmente la fortuna romana: cartaginesi e sardi sono rotti e fugati: la battaglia diventa strage. Nel folto della mischia cade Josto che primo tra i valorosi disperatamente combatte3: periscono con lui dodicimila tra sardi e cartaginesi; e ventisette vessilli, e meglio di tremila prigioni (fra i quali Asdrubale, Annone e Magone) caduti in potere del nemico fanno memorabile de' romani la vittoria.
Amsicora con pochi cavalli scampato alla strage, corre incerto per tutto il giorno che ancora rimane; e forse nell’indomabile mente volge pensieri di nuova e feroce guerra. Ma poichè uno de' suoi fidi pelliti gli apporta il triste annunzio della morte di Josto, non vuol sopravvivere al figlio nè alla libertà perduta: aspetta il silenzio della notte e colle sue mani si uccide.
NOTE
* Testo e note tratti da: Pasquale Tola, Dizionario Biografico degli Uomini Illustri di Sardegna, Vol. I, Ilisso Edizioni, Nuoro, 2001
1 Sardi Pelliti abitavano le regioni montuose della Sardegna. Furono così chiamati dalle pellicce colle quali si coprivano per difendersi dal freddo e dalle intemperie delle stagioni. Ne parla Cicerone nei frammenti dell’orazione pro Scauro: Cluverio nella Sard. Ant. 487, a Antonino nell’Itinerario p. 78. Gli attuali abitanti delle campagne di Cuglieri sono vestiti alla foggia dei sardi pelliti.
2 Capitale dei sardi pelliti. Tolommeo nel suo Itinerario la colloca tra le città meridionali della Sardegna. Il Fara nella Corografia (lib. II fol. 71) pensa che fosse situata nella regione oggi chiamata di Montiverro. Le scoperte posteriori hanno confermato le conghietture del Fara; ed è ormai ricevuta dagli archeologi sardi come più probabile l’opinione, che l’antica Cornus stesse nella parte dell’Isola oggi appellata Pittinuri. Alcuni commentatori di Livio al lib. XXIII, cap. 40, scrissero: Cornus, caput regionis pellitorum Sardorum, hodie Corneto, haud procul a mari ad Termum flumen. Ma il Corneto dei commentatori di Livio non esiste in Sardegna. Il Mimaut (Hist. De Sard., tom II, pag. 365) crede che l’antica Cornus esistesse dove sta oggi il villaggio di Padria.
3 Silio Italico racconta che il colpo che atterrò Josto partì dalla mano di Ennio, il quale militava come centurione nelle file romane (De secun. Bell. Pun., lib. XII, 342-419)
(ved. Livio lib. XXIII cap. 21, 30, 32, 34, 40, 41. - Floro lib. II cap. 6. - Silio Italico de secundo bello Pun. Lib. XII - Manno Stor. Di Sard. tom. I pag. 95 fino a 107. - Mimaut Hist. De Sard. tom I pag. 33, 34, 35, e tom. II pag. 365).